
Nell’ambito di un giudizio di ripetizione dell’indebito, un uomo viene condannato alla restituzione di una somma di denaro “oltre interessi”. Il debitore versa il dovuto applicando il tasso legale ex art. 1284 c. 1 c.c. Nondimeno, il creditore gli intima il pagamento degli interessi al tasso previsto per i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (art. 1284 c. 4 c.c.) e l’ingiunto propone opposizione all’esecuzione ex art. 615 c. 1 c.p.c.
Nel caso in cui il titolo esecutivo giudiziale non statuisca nulla sul tasso di interessi, si applica il tasso legale (art. 1284 c. 1 c.c.) o quello “commerciale” (ex art. 1284 c. 4 c.c.)?
La Corte di Cassazione, Sezione III, con la sentenza 11 luglio 2024, n. 19015 (testo in calce), conferma quanto di recente affermato dalle Sezioni Unite (sent. 12449/2024), ossia se il titolo esecutivo giudiziale dispone il pagamento di “interessi legali” senz’altra specificazione la misura degli interessi maturati dopo la domanda corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, c.c., stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo. Nel caso di specie, gli ermellini precisano che il giudice di merito avrebbe dovuto accogliere l’opposizione del debitore e dichiarare insussistente il diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata per il credito degli interessi al saggio commerciale (ex art. 1284 c. 4 c.c.), mentre non avrebbe dovuto estendere il proprio giudizio alla questione sostanziale che esula dall’oggetto dell’opposizione.
La vicenda
Una donna agisce in giudizio al fine di ottenere la restituzione delle somme da lei corrisposte in vista delle future nozze (mai celebrate) per l’acquisto di un immobile (non avvenuto essendo terminato il fidanzamento). Il giudice di merito ritiene che l’accordo tra le parti si sia sciolto per mutuo consenso (ex art. 1372 c. 1 c.c.), pertanto, i versamenti della donna sono divenuti sine causa debendi ed ella, legittimamente, li ha pretesi in restituzione. La controparte, dunque, viene condannata alla ripetizione dell’importo di 35.500,00 euro oltre interessi a favore dell’attrice a titolo di ripetizione dell’indebito. Il debitore corrisponde l’importo di circa 39 mila euro (ossia il capitale e gli interessi al tasso legale), ma la creditrice gli intima il pagamento di ulteriori 8 mila euro, oltre spese, applicando il tasso “commerciale” sostenendo che l’obbligazione sia stata solo parzialmente estinta. L’intimato propone opposizione ex art. 615 c. 1 c.p.c. deducendo di aver applicato il tasso legale (ex art. 1284 c. 1 c.c.) in mancanza di una diversa specificazione nel titolo esecutivo e sul presupposto che il tasso commerciale ex art. 1284 c.c. si applichi solo alle obbligazioni di fonte contrattuale e tale non è la ripetizione dell’indebito. Invece, la creditrice ha intimato il pagamento degli interessi al tasso previsto per i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (art. 1284 c. 4 c.c.), quindi, ad un tasso ampiamente superiore rispetto a quello corrisposto dal debitore.
L’opposizione dell’intimato viene accolta in primo e secondo grado, si giunge così in Cassazione.
Premessa: gli interessi al tasso legale (art. 1284 c. 1 c.c.) e commerciale (art. 1284 c. 4 c.c.)
In termini semplicistici, si può dire che gli interessi rappresentano il costo del denaro che, infatti, è un bene fruttifero e gli interessi sono i frutti civili prodotti dallo stesso (art. 820 c. 3 c.c.). Sono legali gli interessi che trovano la propria fonte nella legge, ossia:
- sono riconosciuti per legge (art. 1282 c. 1 c.c.),
- sono determinati per legge (art. 1284 c. 1 c.c.), infatti, il tasso di interessi (il cosiddetto “saggio”) viene definito, ogni anno, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore ai dodici mesi, tenuto conto del tasso di inflazione che è stato registrato nel corso dell’anno.
Gli interessi riguardano le obbligazioni pecuniarie, in relazione alle quali la legge dispone che i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente (art. 1282 c.c.).
L’art. 1284 c.c. rubricato “saggio degli interessi” al comma 4 dispone che
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“se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.
Il saggio legale degli interessi di mora nelle transazioni commerciali (d.lgs. 231/2002) è più elevato del tasso d’interesse legale applicabile alle obbligazioni pecuniarie ex art. 1284 c. 1 c.c. e si parla a tal proposito di interessi commerciali.
Per completezza espositiva, si segnala che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’art. 1284 c. 4 c.c. individua il tasso legale degli interessi per tutte le obbligazioni pecuniarie – e non solo per quelle di fonte contrattuale – per il periodo successivo all’inizio del processo avente ad oggetto il relativo credito fino al momento del pagamento, fatto salvo il diverso accordo delle parti e salva diversa espressa previsione di legge. La ratio della norma è deflattiva, in quanto è volta a scoraggiare l’inadempimento del debitore e a rendere più svantaggioso «il ricorso ad inutile litigiosità, scopo che prescinde dalla natura dell’obbligazione dedotta in giudizio e che si pone in identici termini per le obbligazioni derivanti da rapporti contrattuali come per tutte le altre» (Cass. 61/2023).
Non spetta al giudice dell’esecuzione accertare il tasso applicabile
La ricorrente ha intimato il pagamento della differenza tra l’importo degli interessi al saggio legale versati dal debitore e quelli calcolati al tasso di cui all’art. 1284 c. 4 c.c. Il titolo esecutivo su cui si fonda il precetto della creditrice è la sentenza di condanna secondo cui il debitore deve corrispondere “per la causale in oggetto […] euro 35.500,00 oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo”. In base alla decisione gravata l’obbligazione non ha fonte contrattuale, ma si tratta di un obbligo di restituzione conseguente alla caducazione degli effetti di un contratto in virtù del quale era stata effettuata l’attribuzione patrimoniale (condictio indebiti ob causam finitam), pertanto, non opera l’art. 1284 c. 4 c.c. che è relativo unicamente alle obbligazioni di fonte contrattuale.
La Suprema Corte ritiene che la sentenza impugnata vada confermata ma correggendo la motivazione. Infatti, la pronuncia ha ritenuto che non fosse applicabile l’art. 1284 c. 4 c.c. sia perché non richiamato nel titolo esecutivo sia perché inapplicabile in virtù della natura dell’obbligazione. A tal proposito, gli ermellini evidenziano come non spetti al giudice dell’esecuzione né al giudice adito in seguito all’opposizione all’esecuzione accertare il tasso di interessi applicabile alla fattispecie. Il rapporto sottostante, infatti, è stato oggetto del giudizio di cognizione alla conclusione del quale si è formato il titolo esecutivo. Il suddetto accertamento non è di natura esecutiva e rientra nelle attribuzioni esclusive del giudice di cognizione. Invece, il giudice dell’esecuzione o dell’opposizione all’esecuzione (come nel caso che ci occupa) deve prendere atto della decisione già intervenuta e trarne le conseguenze «al fine di liquidare l’importo per il quale vi è diritto di procedere ad esecuzione forzata».
Titolo esecutivo giudiziale e tasso di interessi sul credito oggetto di condanna
In materia di titolo esecutivo giudiziale recante la condanna al pagamento di un credito “oltre interessi” senza specificazione del tasso applicabile, la Suprema Corte nella sua più autorevole composizione ha affermato quanto segue:
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«se il titolo esecutivo giudiziale – nella sua portata precettiva individuata sulla base del dispositivo e della motivazione – dispone il pagamento di “interessi legali”, senza altra indicazione e in mancanza di uno specifico accertamento del giudice della cognizione sulla spettanza di interessi per il periodo successivo alla proposizione della domanda giudiziale, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (ex art. 1284, comma 4, c.c.), la misura degli interessi maturati dopo la domanda corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, c.c., stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo» (Cass. SS. UU. 12449/2024).
Pertanto, qualora il titolo esecutivo menzioni semplicemente gli interessi legali, il diritto del creditore a procedere esecutivamente per il recupero degli interessi ad un tasso superiore a quello fissato dall’art. 1284 c. 1 c.c. è escluso se in sede di cognizione il giudice:
- abbia negato – esplicitamente o implicitamente – l’applicabilità dell’art. 1284 c. 4 c.c. o di altra norma che preveda un saggio superiore a quello previsto dal comma 1 della citata disposizione,
- oppure abbia omesso ogni accertamento sul punto («per mancanza di domanda e/o anche in conseguenza di una eventuale omessa pronuncia del giudice della cognizione»).
Omessa statuizione sul saggio: si applica il tasso ex art. 1284 c. 1 c.c.
Nella fattispecie oggetto di scrutinio, il giudice dell’opposizione all’esecuzione, mancando nel titolo esecutivo una statuizione espressa sul tasso di interessi applicabile, ha effettuato un accertamento di tipo cognitivo per integrare la pronuncia del giudice di cognizione, ma in tal modo ha ecceduto dall’oggetto dell’opposizione e dai limiti della sua funzione.
A fronte della mancanza nel titolo esecutivo di una statuizione relativa al credito per gli interessi nella misura richiesta dal creditore «che fosse dotata dei requisiti di cui all’art. 474 c.p.c. e, precisamente, in mancanza del requisito della liquidità di tale credito», il giudice avrebbe dovuto accogliere l’opposizione e dichiarare insussistente il diritto della creditrice a procedere ad esecuzione forzata per il credito degli interessi al saggio previsto dall’art. 1284 c. 4 c.c., mentre non avrebbe dovuto estendere il proprio giudizio alla questione sostanziale che esula dall’oggetto dell’opposizione.
La giurisprudenza, infatti, ha avuto modo di chiarire che «in considerazione dei principi di diritto enunciati nella precedente (già citata) Sentenza n. 12449 del 7/05/2024 – in base ai quali, come già visto, va riconosciuta l’efficacia esecutiva del titolo giudiziale che condanni al pagamento degli interessi “legali” senza alcuna ulteriore specificazione, nei limiti di cui all’art. 1284, comma 1, c.c. – che fosse irrilevante ai fini della decisione la risoluzione della questione di diritto in ordine al tasso di interessi effettivamente spettante al creditore, in sede di opposizione all’esecuzione».
Conclusioni: rigettato il ricorso del creditore
Secondo i giudici di legittimità, il dispositivo della decisione impugnata è conforme a diritto laddove accoglie l’opposizione del debitore ingiunto per l’insussistenza del diritto della creditrice a procedere ad esecuzione forzata per gli interessi al tasso di cui all’art. 1284 c. 4 c.c. in base al titolo esecutivo su cui si fonda il precetto. Invece, la motivazione va corretta ex art. 384 c. 4 c.p.c. in quanto l’accoglimento dell’opposizione non può discendere da un accertamento di natura cognitiva effettuato dal giudice dell’opposizione ma deriva dal rilievo che nel titolo esecutivo manchi «una statuizione di condanna per un credito certo e liquido, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., in relazione agli interessi al suddetto tasso». Infine, gli ermellini evidenziano che l’oggetto della presente decisione non consente di affrontare la questione relativa all’applicabilità dell’art. 1284 c. 4 c.c. su cui è già intervenuta la giurisprudenza di legittimità (Cass. 61/2023 – si veda il paragrafo “premessa”).
In conclusione, viene rigettato il ricorso della creditrice e le spese di lite sono compensate in considerazione dell’incertezza applicativa sulle questioni oggetto del giudizio e della correzione operata sulla motivazione della decisione impugnata.